La fede è fiducia nel proprio desiderio-esigenza di pienezza, fiducia che l’Amore creativo, che ci ha dato unicità, possa trasformarsi in comunione con l’altro, senza perdersi. È orizzonte di senso che si spinge fino al limite del proprio desiderio e lo reinterpreta come proprio spazio di creatività. La fede in Dio è una cosa bellissima, però è impossibile raggiungere la fede in Dio se non si ha fiducia in sé stessi. Se siamo fedeli a noi stessi troviamo la fede, perché troviamo noi stessi e troviamo Dio, come Maria; perché essere fedeli all’esigenza di amore e di pienezza vuol
Fede
vuol dire veramente fondare se stessi in questo amore e incontrare il Creatore. Maria è stata fedele alla sua esigenza, al suo desiderio, fino in fondo, cioè è stata fedele a questo più che alla Legge, più che alla Religione: questo è il salto. Fede è credere nel proprio fine, è credere di arrivare a quel fine. Non occorre nessuno sforzo per credere in Dio, essendone appunto la nostra esistenza la prova più chiara, concreta, razionale, materiale. La fede invece si esercita credendo nella propria tensione e nella propria volontà di essere alla fine come chi ci ha fatti, nonostante tutti i nostri limiti attuali, che misuriamo minuto per minuto. 
In ciò si deve esercitare la fede andando al di là della realtà, al di là di quello che si vede. Non abbiamo sufficiente fiducia in noi stessi. Correre il rischio che ha compiuto Dio, che è quello di credere nell’uomo, ci è difficile. Anche se solo ora cominciamo ad averne le possibilità reali, la paura ancestrale dell'ignoto si trasforma in paura delle stesse possibilità. Ed è rispetto a queste paure e a queste possibilità che dobbiamo riprendere in mano, in maniera intelligente, la "Rivelazione", il messaggio evangelico-biblico.



Fede ed esperienza del divino nell’esperienza mistica di Angela Volpini

Avendo avuto un'esperienza del divino che è in me, e oltre me come possibilità di relazione con tutto ciò che è, posso affermare che è come Persona Divina che Dio stabilisce un rapporto con la mia persona, quando questa persona, che sono io, si determina attraverso l'atto creativo di porre in relazione unitaria tutte le possibilità, che sono soltanto mie. 
A questo punto mi domando: come può un essere umano, che non ha avviato il processo personale, sperimentare il divino? Come potrà mai egli leggere la Rivelazione, gli enunciati della fede? 
La relazione con il divino è comunione con il Padre nel Suo creare, con il Figlio nel Suo compiersi, con lo Spirito nel condurre in un unico amore la molteplicità. Un amore in cui ognuno possa riconoscersi persona. 
L'esperienza personale del divino è così essenziale e rivelatrice del senso dell'esistenza nella sua totalità, che azzera il tempo come lo svolgersi di atti successivi e relativizza l'importanza delle operazioni in esso contenuti. È per questo che si sopporta con fatica la routine quotidiana per la sopravvivenza, ma non si sopportano affatto atti ripetitivi per ciò che appartiene già al regno della piena espressione e libertà. 
Gli uomini, cercando il senso della loro esistenza, dando al loro desiderio di infinito il nome di Dio, e a Dio la qualità dell'amore e della creazione, hanno tessuto la Storia come compimento del desiderio, del senso e di tutto l'immaginario. Questa lettura è possibile farla se si riconosce l'uomo artefice di sé e della sua storia, anche se pare essere solo Dio il conduttore principale di questa storia, come superficialmente la conosciamo, mentre in realtà Dio si rallegra di essere stato scoperto, perché è nell'atto di scoprire una dimensione che non è propriamente umana che l'uomo acquisisce la propria divinità.
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