L’essere umano è un sé soggettivo e distinto da ogni altra cosa, e per questo può essere creatore. Il desiderio di essere originari, singolari, assoluti e nello stesso tempo relazionati e in comunione gratificante con gli altri, è l’irrinunciabile domanda di umanità dentro ogni uomo. L’esigenza di esserci pienamente e infinitamente, senza trovare il come, molto spesso porta gli uomini ad accontentarsi di “essere” in generale; da ciò essi traggono l’idea del proprio sé: o come semplice partecipazione all’essere generale, o come coscienza dell'essere stesso in
in cui però la soggettività è solo espressione della totalità dell’essere che conosce se stesso. Non trovando il proprio significato personale, l’unico significato possibile non resta che un'identificazione generica. Per trovare una risposta adeguata alla sua domanda, l’uomo non può che attingere al caos delle sue sensazioni e mettervi ordine, nominandole. Ed è in questo faticoso nominare e distinguere che il caos si dipana, lasciando emergere il soggetto referente. Il punto di partenza di ogni possibilità di autodeterminazione consiste nel non accettarsi come un puro dato. Così il soggetto diventa quella nostra identità che andiamo cercando da sempre. L’individualità è un patrimonio genetico di cui l’individuo non ha né merito né colpa, mentre la soggettività è una conquista: è la qualità che ogni individuo si riconosce e sceglie per essere soggetto.
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